Aikido: un’idea
Per forma mentis ed educazione ho sempre cercato di capire le cose e i fatti indirizzandomi verso le origini e le cause che le hanno generate.
Così ho fatto anche nella pratica dell’Aikido, apprendendo da prima la storia, poi l’etichetta, a seguire le tecniche ed infine, non per caso, i principi.
Dopo 24 anni di pratica non mi sono ancora stancato di ricercare e sperimentare i meccanismi che regolano i movimenti eleganti che, tra le tante cose, contraddistinguono l’Aikido dalle altre discipline marziali.In questo ultimo anno non ho avuto occasione di praticare l’Aikido nel senso più classico del termine, quello che si pratica sul tatami tanto per capirci, ma non per questo il mio Aikido ha smesso di esistere e di vivere con me.
L’Aikido è una forma di comunicazione e i suoi modelli e i suoi linguaggi, si discostano sostanzialmente di poco tra le diverse scuole fondate da allievi del Fondatore.
La cosa interessante che rende diversi i modi di praticare l’Aikido non sono tanto gli stili, ma le idee che ne caratterizzano la pratica; per ovvie ragioni, queste si rispecchiano anche nelle forme utilizzate.
Senza entrare nei distingui e nelle preferenze personali, di seguito vorrei spiegare il mio pensiero relativamente al concetto di idea dell’Aikido nell’Aikido.
Innanzitutto considero l’Aikido una relazione, la cui qualità è data non solo da come viene portata avanti ma prima di tutto dalle intenzioni che si hanno; è in base a queste intenzioni che le forme cominciano a mostrarsi e a confrontarsi in un linguaggio non verbale.
Il corpo e la mente sono i due protagonisti che devono riuscire a comunicare per trovare quell’armonia che permetta alla relazione, attraverso sincere motivazioni, di sperimentare emozioni e di vivere pienamente con lo spirito l’Aikido.
Quando saremo riusciti a pensare a quello che facciamo e a fare quello che pensiamo, allora, e solo allora, potremo iniziare a costruire una relazione con gli altri.
Che idea abbiamo dell’Aikido?
A questo punto le motivazioni giocano un ruolo predominante nel modo di relazionarsi.
Abbiamo le idee chiare su cosa sia l’Aikido per noi? Cosa vogliamo trasmettere? siamo sufficientemente convincenti?
Chi negli anni ha cercato di andare un po’ oltre la forma, si sarà accorto che già l’idea di voler realizzare una tecnica è un vincolo mentale che riduce drasticamente l’idea di libertà che invece dovrebbe alimentare i movimenti (questo è uno dei motivi per i quali al raggiungimento del I Dan, non condivido più gli esami come sono generalmente strutturati).
E’ solo dopo l’acquisizione delle forme tecniche, che l’Aikido può cominciare ad esistere e a vivere, per la stessa ragione per cui moltissimi praticanti condividono l’idea che si comincia praticare l’Aikido dal I Dan in su.
Ma allora, cosa chiedere da questo livello in poi se non la verifica delle idee dei singoli praticanti?
Tanto più si è convincenti tanto più si è efficaci.
Dovrebbe essere ormai assodato che l’Aikido esiste prima del contatto che deve avvenire in un tempo-spazio già decisi, così l’impegno maggiore sarebbe già avvenuto per la realizzazione del risultato (che per me si traduce nel controllo e non nella sopraffazione dell’altro) e corrisponderebbe al vero minimo sforzo con il massimo del rendimento.
Aikido: libertà o prigione?
Perché insistere nel cercare le tecniche? Perché vincolare il corpo, la mente e lo spirito in un unica forma o pensiero?
Come si possono ignorare le innumerevoli variabili, le idee di coloro con cui ci confrontiamo?
Uno dei piaceri nella pratica dell’Aikido è quello di scoprire nuove forme, movimenti e atteggiamenti, ma questi possono manifestarsi solo se c’è un’apertura mentale, una disponibilità costruttiva, una curiosità relazionale; non potremo apprezzare nulla di ‘nuovo’ se siamo prigionieri di una chiusura, di un vincolo formale o peggio ancora mentale.
Spesso le persone prediligono degli schemi camuffati da ‘etichette comportamentali’ nei quali si crogiolano e si sentono sicure, tuttavia capita che quello che rassicura imprigiona!Acquisire la forma e le tecniche risulta utile solo per avere un linguaggio comune con cui confrontarsi e scoprire i principi comuni che regolano tutti i linguaggi.
In altri termini, una volta imparato l’alfabeto e la capacità di comporre le parole e frasi di senso compiuto, ognuno avrà il diritto/dovere di scrivere e leggere quello che vuole per poter trovare quello che cerca scoprendo ciò che non pensava nemmeno potesse esistere.
Concludo ricordando che il fondatore O’Sensei Morihei Ueshiba non aveva nemmeno codificato una forma, ma con il suo ‘alfabeto’ si faceva capire benissimo.
Buona pratica sana 🙏🏻
Leggi gli altri approfondimenti che trovi nella pagina Aikido.
l'essenza dell'aikido è anche l'essenza della vita. per me è un grande spunto di riflessione quello che hai scritto, soprattutto in questo momento. ti ringrazio Sensei.
Come ci "suggerisce" sempre Sergio, in tutte le sue forme, aikido è dentro di noi, a partire dal nostro DNA e dalla nostra struttura cromosomica: non va imparato, bisogna scoprire, scegliere e viverlo. Tuttavia mi sorge spesso una domanda sul perché siano stati costruiti e vengano preferiti degli schemi comportamentali, mentali e di pensiero che ingabbiano e che limitano le possibilità di scelta. Mi piacerebbe conoscere qualche risposta.
Caro Francesco, grazie per il tuo commento. Perché schemi? semplice, gli schemi che ci ingabbiano e che ci spaventano ci fanno anche comodo, ci fanno sentire in una situazione di 'confort' nella quale, pur stando male, ci crogioliamo e giustifichiamo quotidianamente. Meglio stare nel disagio che si conosce piuttosto che buttarsi in quello che non si conosce 😉
Ma non è proprio così e quelli che ogni tanto mettono la testa fuori dalla cella lo sanno bene.
L'aria fresca piace a tutti anche se non è sempre la più pura è comunque un'aria diversa.