Riflessioni di un praticante di Aikido

Pratico Aikido dal 1989, anno in cui ebbi la fortuna di trovarlo.
Da allora sono passati parecchi anni e nel corso della pratica ho cambiato il mio punto di vista relativo ad esso.
Nel mio percorso formativo ho incontrato numerosi Maestri, anche non di Aikido, che mi hanno stimolato a riflettere ponendomi delle domande, anche quelle che apparentemente sembravano banali.
Questo approccio mi ha stimolato ad approfondire la conoscenza dell’essere umano; in questi anni mi sono dedicato a diversi studi nel campo della salute e del benessere, prendendo atto della vastità e della complessità degli individui.
Ho studiato la Medicina Cinese, la circolazione energetica, l’anatomia, la fisiologia, le dinamiche psicologiche, gli atteggiamenti comportamentali, la comunicazione (verbale, paraverbale e non verbale) e le relazioni che ci sono tra i vari sistemi.
Percorsi-professionali
Ad oggi il mio percorso formativo è approdato all’osteopatia, che è stata il collegamento tra tutto quanto ho appreso in questi anni.
Tutto è collegato, tutto è un insieme, tutto ha un perché.

Ci sono più risposte alle stesse domande

E’ grazie ai perché che mi sono deciso a scrivere questo articolo.
  • Quanti praticanti di Aikido alla domanda: perché si fa così? resterebbero in silenzio, o peggio, risponderebbero con: si è sempre fatto così!
  • Quanti saprebbero rispondere cosa accade ad un’articolazione dopo aver subito una leva?
  • Siamo consapevoli se cadere frequentemente provoca dei danni al nostro organismo?
  • Quanti conoscono le dinamiche psico-corporee o energetiche del corpo al punto da integrarle nell’insegnamento dell’Aikido?
  • Quanti hanno approfondito la semantica degli ideogrammi giapponesi che identificano le tecniche?
  • Chi si farebbe operare da un medico chirurgo che non conosce i ferri del suo mestiere? Allora perché scegliere di fidarsi/affidarsi con leggerezza e superficialità a persone che non hanno altre competenze oltre alla cintura nera?

Il corpo, che è lo strumento per praticare l’Aikido, deve essere prima di tutto rispettato e preservato. 

L’immagine che ho scelto come copertina di questo post è una figura umana, meccanica, volutamente provocatoria per rappresentare tutti quei praticanti-cloni, che si sforzano di eseguire tecniche totalmente prive di personalità e di emozioni.
Un diffuso copia e incolla di tecniche, principi e pensieri, spesso mal tradotti e interpretati.
La totale spersonalizzazione di un’arte che dovrebbe fare esattamente il contrario: esaltare la personalità di un individuo, unico e irripetibile, senza uniformarla come un pezzo di una catena di montaggio.

L’Aikido è un’arte soggettiva e dovrebbe aiutare le persone che la praticano, a stare bene.

Negli ultimi anni ho ridotto la mia pratica sul tatami senza però mai smettere di coltivarne i principi nella quotidianità perché l’Aikido si pratica prima di tutto quando scendiamo dal tatami.

Mi capita spesso di guardare video in cui si mostrano principalmente le tecniche, ma l’Aikido non può ridursi solo a quello. La questione non sarebbe così preoccupante se queste scelte non riguardassero anche i programmi di molti stage e le lezioni di molti maestri, il cui fine si riduce alla dimostrazione e all’esecuzione delle tecniche con il ricorso alla citazione dei Maestri , vantandosi di farle quasi come le faceva loro. Follia!

I puristi marziali diranno che è così che si apprende e che ci si illumina, prima o poi, come quando si forgia una katana colpendola col martello fino a renderla una lama ineguagliabile.
Per me si illuminano solo le lampadine, in molto meno tempo e con meno fatica.

Invece il DO (la Via) non è solo l’esecuzione (perfetta) di una tecnica, ma il continuo confronto che genera dubbi e riflessione che inevitabilmente ci spingono alla ricerca delle (nostre) risposte.

Si dovrebbe insegnare l’Aikido per esaltare le intrinseche qualità di ogni praticante e non per renderlo simile agli altri.

L’Aikido può essere praticato anche come dopolavoro ma per alcune persone, può significare un valido percorso di crescita personale. 

Chi sono i Maestri

E’ difficilissimo essere un buon Maestro, educare è una grandissima responsabilità che non si deve ridurre nello sterile insegnamento delle tecniche.
Invece è consuetudine che dopo aver conseguito il I o II dan, si venga autorizzati, o peggio ci si senta adeguati, a guidare altre persone in un cammino formativo.
Penso che non si scelga di diventare un Maestro ma siano gli altri ad indicarci come tale, come capita anche per la leadership in cui il leader guida i suoi seguaci in virtù dell’autorità che gli stessi gli hanno conferito,
indipendentemente dai gradi, dai riconoscimenti o dal numero degli allievi.
Quindi il valore di un Maestro non è un valore assoluto ma è in stretta relazione con la responsabilità degli allievi che lo scelgono; avete presente nel film Karate Kid, la differenza tra il Maestro Miyagi e il suo antagonista, il Maestro John Kreese del dojo Cobra Kai?

 

Maestro Miyagi e il Maestro John Kreese

 

Quindi il Maestro che avrete scelto sarà lo specchio di ciò che per voi rappresenta l’Aikido, i suoi valori e i suoi insegnamenti. Pertanto vi invito a fare una riflessione e a chiedervi chi siete e se il vostro Maestro rappresenta quello che realmente volte essere e state cercando. L’allievo non ha un ruolo passivo ma al contrario, è colui che designa il Maestro.

I Maestri non si sposano, i Maestri non ci forgiano e non ci plagiano, i Maestri mettono a disposizione il loro vissuto e la loro esperienza che devono essere uno degli strumenti per trovare il nostro Aikido, la nostra Via, la nostra Energia e la nostra Armonia. (AI-KI-DO)

Buona pratica sana 🙏🏻

Leggi gli altri approfondimenti che trovi nella pagina Aikido.

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