Aikido: fa bene o fa male alla salute?
Ci sono infinite motivazioni che spingono le persone a praticare un’arte marziale.
I colpi rapidi e ben assestati del Kung fu di Bruce Lee, il calci da karateka di Chuck Norris o le proiezioni e le leve di Steven Seagal hanno indubbiamente lasciato il segno nell’immaginario di molti praticanti. Alcuni hanno scelto di intraprendere un percorso marziale per imparare a difendersi o magari per cercare qualcosa di alternativo al calcetto serale. Qualcuno per menare le mani e qualcun altro per vincere la timidezza.
Io ho inziato a praticare Aikido più di trent’anni fa e da qualche anno posso di dire di viverlo anche giù dal tatami e fuori dalla palestra.
Nel corso di questi anni, le mie motivazioni sono notevolmente cambiate e le aspettative e le credenze che nutrivo quando mi sono avvicinato a questa meravigliosa arte, sono state ampiamente smentite.
Con il passare degli anni, si fanno i conti con i limiti fisici che si modificano e che concedono delle libertà motorie sempre più ridotte.
Credo che questo vada di pari passo con i gradi acquisiti: più si acquistano dan e meno si è disposti a rotolare sul tatami.
Si preferisce far cadere il prossimo, piuttosto che se stessi.
Mi sono sempre chiesto se i Maestri dopo aver raggiunto una certa età e un certo grado, smettano di cadere per bravura oppure perché hanno capito che rovinare sul tatami, dopo aver ricevuto un koshinage, forse non è così salutare.

koshinage
Un’analoga considerazione si può fare anche per quanto riguarda evitare di subire le leve, le immobilizzazioni e tutto quello che potrebbe risultare lesivo.
Trovare un Maestro di una certa età ed esperienza, in buone condizioni di salute e in grado di rotolare o concedersi a qualche allievo più irruento, risulta piuttosto raro se non utopico. Forse si nascondono sotto l’hakama ma al momento non ne ho visti. 🙂
Nasce, dunque, questa riflessione: praticare Aikido fa bene o fa male alla salute?
La mia motivazione nella pratica dell’Aikido è quella di conservarmi in buona salute e fare il possibile affinché anche i miei compagni di pratica, possano uscire dal confronto, senza danni.
Considerato la professione che svolgo, mi risulta naturale prendere in considerazione e valutare le cadute e le leve articolari effettuate dai praticanti di Aikido.
Il corpo umano è strutturato per muoversi e ha una grande quantità di articolazioni e muscoli che glielo permettono, questo non significa che siamo nati per sbattere contro il tatami o subire movimenti articolari in direzione contraria alla fisiologica mobilizzazione.
Queste condizioni sono praticamente il quotidiano nella pratica dell’Aikido e purtroppo la probabilità di causare dei danni è molto elevata.
Non c’è come aprire un libro di anatomia per capire il funzionamento delle principali articolazioni, sollecitate nelle tecniche di Aikido con leve bio-meccaniche, per chiedersi quanto queste possano influire sulla salute del nostro corpo.
Ho una conoscenza piuttosto approfondita dell’anatomia, della fisiologia e della meccanica articolare e grazie a queste competenze, riesco a mobilizzare e manipolare le articolazioni dei miei pazienti per rimetterle nei loro assi di lavoro fisiologici in modo da far passare i fastidi e i dolori.
Ho potuto constatare che Aikido e Osteopatia hanno diversi aspetti in comune: uno di questi è proprio la manipolazione articolare. Tuttavia se la manipolazione osteopatica ha come scopo quello di recuperare la funzionalità dell’articolazione, quella effettuata nell’Aikido sembrerebbe averne degli altri.
Tuttavia non è certo l’Aikido che ha il potere di decidere cosa fare con una articolazione di un malcapitato Uke e la responsabilità di una leva articolare e le sue conseguenze, ricade completamente su Tori, dal suo modo di interpretare l’Aikido, dalle sue capacità e dal suo stato d’animo nel momento in cui sta facendo una leva.
Sono questi aspetti che faranno la differenza sulla salute delle articolazioni dei compagni di pratica.
Temo che a volte accada che si confonda l’efficacia con la violenza.
Riuscire a dominare il compagno di pratica probabilmente gonfierà l’ego di tanti praticanti ma questo non è certo sinonimo di efficacia: fare male non è difficile e in un gesto violento non vedo tanta armonia rappresentata dall’ideogramma AI della parola AI-KI-DO.
(nel video ti spiego il mio punto di vista sul significato dell’ideogramma AI)[/vc_column_text]
Per dare un pugno a qualcuno si usano dei muscoli, per non darlo se ne usano altri.
Io mi alleno duramente per far parte della seconda categoria, quella del non dare pugni ma cure, il percorso è più difficile ma le gratificazioni sono impagabili.
L’Aikido può migliorare la salute
L’obiettivo che mi sono posto è quello di essere in grado di neutralizzare un conflitto senza causare alcun danno, mantenendo il controllo e migliorando la mobilità articolare.
Sì, hai letto bene, è possibile migliorare lo stato di salute e di benessere praticando Aikido, ma naturalmente bisogna avere un approccio che vada in questa direzione, altrimenti siamo da capo.
Quando iniziai la pratica, ero un giovanotto piuttosto robusto e deciso, venivo dal football americano e non mi tiravo indietro davanti agli scontri fisici. Mi allenavo con assiduità senza mai risparmiarmi, sia nel ruolo di Uke che di Tori. Mi accorsi che ricevere dei kotegaeshi tirati male, non erano salutari per le articolazioni dei miei polsi, con il risultato che mi ritrovai una bella cisti tendinea al polso sinistro.
Ero convinto che fosse la naturale conseguenza causata dalla pratica assidua dell’Aikido, un po’ come affermare che se giochi a calcio è normale che prima o poi ti si rompa qualche tendine.
Nello stesso periodo stavo concludendo il mio percorso formativo come operatore Shiatsu, vuoi la posizione delle mani da tenere per effettuare le pressioni con i palmi e vuoi i colpi presi ai polsi durante le infinite cadute sul tatami, questa cisti cominciò a rientrare, fino a scomparire, facendo ritornare il mio polso alla sua condizione naturale, la cosidetta restitutio ad integrum.
Questo fu il primo episodio che mi fece riflettere sulle funzioni salutistiche dell’Aikido: se era possibile cagionare danni, sarebbe stato possibile migliorare alcune libertà motorie?
Decisi di abbracciare questo nuovo aspetto dell’Aikido: la salute e la guarigione mia e del mio Uke senza però rinunciare all’obiettivo di neutralizzare gli attacchi, ma scevro dall’arroganza di farlo causando un danno.
Rivalutai l’idea di usare le leve articolari, soprattutto quelle da fare quando Uke giace disteso al suolo a faccia in giù (mi riferisco a ikkyo, nikyo, sankyo),
ponendomi all’ascolto e guadagnandomi la fiducia del mio compagno di pratica allo scopo di migliorare il suo range articolare e provare a superarlo per guadagnare ulteriore libertà motoria.
Così facendo, Tori sviluppa una sensibilità che si espande nell’ascolto di ciò che ha tra le mani che gli consente di valutare quanto può permettersi mobilizzare, mentre Uke, agevolato da un aiuto esterno, è messo nella condizione di abbandonarsi con fiducia e ascoltare quanto è in grado di guadagnare la sua articolazione.
I risultati saranno vantaggiosi per entrambi arricchendo la relazione e la fiducia tra i compagni di pratica, uniti in un intento comune volto al miglioramento dell’esistenza sopra e giù dal tatami.
Sei sempre libero di fare una scelta e puoi scegliere se soffrire o stare bene.
Buona pratica sana 🙏🏻
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