Il lato oscuro della Forza

In natura esiste il dolore, non il male.
Il male è una interpretazione umana, soggettiva; in molte circostanze un dolore non è capito, non è usato o è usato male e spesso anche inconsapevolmente auto indotto.
Un nemico da combattere e da evitare, non un alleato utile alla correzione di un errore.

Un insegnamento utile è quello di sottolineare che un buon atteggiamento nei confronti di un dolore ha un costo decisamente ridotto rispetto alle consuete reazioni di difesa.
Respirazione profonda, rilassamento, ascolto, gestire in modo più attento i compensi, accettazione, fiducia, sono ottimi metodi per non confondere la mente e farla rimanere attenta su quello che accade migliorando la condizione presente.

Relativamente alla pratica dell’Aikido, chi è il responsabile del male?

Libro Sergio Cavagliano

Al di là dell’imperizia di chi ci propone una leva, le reazioni comuni che abbiamo sono solo due: o subiamo prima che la leva avvenga realmente, quindi scappiamo, o facciamo l’impossibile per bloccarne la manifestazione irrigidendoci come delle mummie.
Questa rigidità i Dan la chiamano presenza ma credo che, agli occhi di tutti sia semplicemente definibile come sciocca legnosità!

Ci sarebbe molto da dire circa le possibili cause relative a questi dannosi atteggiamenti tanto usuali ma la più comune è la paura che nasconde una mancanza di fiducia in sé stessi e nella relazione con il compagno/a.
Del resto, chi ha voglia di farsi far male?
Ma non è questo il contesto in cui discuterne.

Sta di fatto che “l’irrigidimento preventivo“, che purtroppo risulta essere sempre più diffuso ed evidentemente frutto di una politica del dolore castrativa e condizionante, non solo inibisce le forme di espressione dell’Aikido, ma aumenta enormemente i rischi di danni dando origine a una serie di compensi a catena da ambo le parti.
Tale atteggiamento oltre ad essere molto pericoloso, allontana dai principi di armonia e unione che dovrebbero essere la base su cui lavorare.
La pratica dovrebbe essere un incontro e non uno scontro.

La rigidità sviluppa un processo involutivo e non evolutivo delle relazioni.
Capire il significato del dolore, elaborarlo migliorando un movimento articolare o sciogliendo un irrigidimento muscolare, aumenta il grado di libertà non solo sotto l’aspetto fisico, ma predisponendo all’accettazione di qualcosa in più.

DANNI FISICI E DANNI PSICOLOGICI

La cosa più controproducente che noi possiamo ricevere o dare è un dolore che venga interpretato come qualcosa di inutile, gratuito, senza uno scopo che possa andare oltre l’atterramento sul tatami e che spesso serve solo ad appagare l’ego.
Passato il trauma fisico il problema più grosso è ancora ben presente: la paura di farsi o ricevere nuovamente il male.
Questo può avvenire sia per una caduta mal fatta sia per una leva “imprudente”, con scopi quanto meno discutibili.

Se non compreso, questo dolore si trasforma in un atteggiamento di protezione e di rigida inibizione che non solo necessita di un gran dispendio di energie, di KI, ma che a lungo andare può riservare un costo molto alto in termini fisici.

È necessario svolgere un lento percorso di riavvicinamento al problema per poterlo riconoscere, assimilarlo e superarlo per poter continuare a vivere la pratica in maniera completa, serena e più consapevole.
Questo non è un compito facile, ecco allora l’importanza di non creare situazioni di questo genere.

Un corso di aikido composto da superstiti doloranti e impauriti non so a chi possa essere utile.

  • Non confondiamo l’efficacia con la violenza.
  • Non confondiamo la presenza con la rigidità.
  • Non confondiamo una disponibilità costruttiva con la finzione.
  • Non confondiamo la marzialità con forme vuote e in quanto tali rigide, per poter esistere.

Buona pratica sana 🙏🏻

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2 Responses to Il lato oscuro della Forza

  1. Anonimo

    secondo me quello che scrivi puo' essere applicato anche in altri contesti, del resto l'aikido per me è una disciplina di vita.mi è capitato giorni fa di rendermi conto di essere completamente rigida in una situazione diversa e mi sono chiesta se fosse protezione o se fosse il tentativo di interagire con una persona di alto livello nella pratica, piu' forte e più allenata di me. ma ragionandoci credo che mancasse da parte mia la capacità di ascoltare e quindi di rispondere in tranquillità

  2. Assolutamente si, per me non ha alcun senso praticare una disciplina fine a se stessa se non posso viverla nella mia vita quotidianamente.
    Capire i principi che regolano la vita attraverso la pratica dell'Aikido in modo da riconoscerli e imparare a leggerli trovo sia una motivazione più che fondamentale per trasformare le normali 'frustrazioni' della pratica in momenti di assoluto arricchimento, costruttivi e per me spesso molto divertenti. Trovo che l'Aikido sia un evidenziatore della vita, non mi ha mai tolto ne dato nulla in più di quello che c'è sempre stato e sempre ci sarà, ma mi ha insegnato, mi insegna e mi insegnerà ancora, a godere di quello che i più considerano banale e scontato, ma che tanto banale e scontato non è.
    Grazie!

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